Ogniqualvolta
si drizzava in piedi, si lisciava la gonna, come un felino che, in
silenzio, diligentemente si pettina il manto, rito narcisista
compiuto imbrogliando il tempo e riparando alla mancanza di una
corretta, subitanea postura. Le mani, nello stendersi sopra al
tessuto con fare nervoso ed alquanto puntiglioso per ovviare
all'insufficienza di atteggiamenti, mostravano l'importanza di un
atto che non passava inosservato, una dovizia nei movimenti a
sistemare ciò che sembrava non ne avesse bisogno, in un indumento
che, più per il taglio che per la foggia, apparteneva ad almeno un
decennio precedente, reperto stagionalmente archiviato e conservato
con ogni minuzia e custode di un fervore giovanile. Di qui si
avvertiva lo zelo e l'attenzione per i dettagli, metro che era utile
non solo a misurarne l'eccesso. Sotto alla gonna di tweed, un paio di
collant color carne, lasciavano intravedere nervature che nel legno
erano più naturali. I capelli spartani le finivano arrendevolmente
in bocca ad ogni parola, fini, chiari, quasi sbiaditi come il
rimpianto di un'altra crescita che le solcava anche la riga. Erano
fili d'angelo che cuocevano nel brodo tiepido dei ricordi.
Oltre
alla vetrata, da un'auto che aveva appena parcheggiato scese il suo
Principe di Galles, uno straniero, appunto, col gusto già
posteggiato altrove. Tutto un quadretto, in bianco e nero. Appenderlo
al muro sarebbe stato più appropriato.
Quell'alchimia
vicendevole fra i tessuti sembrava studiata a tavolino, come pure la
loro mobilità. Ogni risposta di lui iniziava con un : "assolutamente
sì o assolutamente no" lasciando presagire che l'unica cosa che
non era assoluta fosse la gamma di aggettivi in dotazione.
Per
lei rubò un ombrello quella sera che non pioveva...Nel caso che il
tempo mutasse, non avrebbe annacquato la grazia dei suoi modali,
antichi pensieri