Si arresta in mezzo al nulla, in maniera quasi impercettibile per l'andatura ridotta che provoca sonnolenza, in aperta campagna e noi chiusi dentro a chiave, una fermata passeggera, forse, problemi di traffico intenso, forse, in anticipo ad occupare lo snodo, forse, un guasto umano, forse, qualche animale che pascola svogliato e noi qui in stallo, a rimirar la libertà, transitoria, e loro che girano il capo a guardar quella carrozza di deportati imprigionati senza riserve. Ognuno prova ad impegnarsi come non vorrebbe.
Si sveglia, stanco e trafelato, bisbiglia che ha sognato che il treno deragliava, ha bisogno di comunicare. " Può prestarmi il telefono? Una cosa veloce, un semplice messaggio"..." Ci sono quasi. Salva e invia. Fatto"
Il convoglio riprende lentamente, sbuffando, la sua corsa, qualche scossone per ripartire la marcia, un libro che cade, incustodito, dal sostegno ed aprendosi a caso staglia una frase in mezzo al sudiciume. << Un giorno, pensavo, mi innamorerò anch'io. Poi, alcuni anni dopo, per errore lo feci sul serio.>>
Manca l'aria in mezzo a queste terre incolte, languide pianure, in città, presto, ricomincerò a respirare. Arriviamo a destinazione mentre mi alzo, dice: " nel messaggio salvato ho lasciato il mio numero di telefono se non ci sarà un'altra corsa". Più tardi controllo per curiosità, non c'è nulla, nessuna traccia.
Qualche settimana dopo la notizia di un disastro ferroviario nei titoli di un telegiornale. Mentre disattivo il tasto mute per sentire e scomporre le parole impresse, il suono di un sms in arrivo ne compone altre. " Mi hai salvato per poi cancellarmi".