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giovedì 17 novembre 2011

A' tu par tu


Ogniqualvolta si drizzava in piedi, si lisciava la gonna, come un felino che, in silenzio, diligentemente si pettina il manto, rito narcisista compiuto imbrogliando il tempo e riparando alla mancanza di una corretta, subitanea postura. Le mani, nello stendersi sopra al tessuto con fare nervoso ed alquanto puntiglioso per ovviare all'insufficienza di atteggiamenti, mostravano l'importanza di un atto che non passava inosservato, una dovizia nei movimenti a sistemare ciò che sembrava non ne avesse bisogno, in un indumento che, più per il taglio che per la foggia, apparteneva ad almeno un decennio precedente, reperto stagionalmente archiviato e conservato con ogni minuzia e custode di un fervore giovanile. Di qui si avvertiva lo zelo e l'attenzione per i dettagli, metro che era utile non solo a misurarne l'eccesso. Sotto alla gonna di tweed, un paio di collant color carne, lasciavano intravedere nervature che nel legno erano più naturali. I capelli spartani le finivano arrendevolmente in bocca ad ogni parola, fini, chiari, quasi sbiaditi come il rimpianto di un'altra crescita che le solcava anche la riga. Erano fili d'angelo che cuocevano nel brodo tiepido dei ricordi.
Oltre alla vetrata, da un'auto che aveva appena parcheggiato scese il suo Principe di Galles, uno straniero, appunto, col gusto già posteggiato altrove. Tutto un quadretto, in bianco e nero. Appenderlo al muro sarebbe stato più appropriato.
Quell'alchimia vicendevole fra i tessuti sembrava studiata a tavolino, come pure la loro mobilità. Ogni risposta di lui iniziava con un : "assolutamente sì o assolutamente no" lasciando presagire che l'unica cosa che non era assoluta fosse la gamma di aggettivi in dotazione.
Per lei rubò un ombrello quella sera che non pioveva...Nel caso che il tempo mutasse, non avrebbe annacquato la grazia dei suoi modali, antichi pensieri