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lunedì 26 dicembre 2011

vocatŭs vocatūs vocatui vocatum vocatŭs vocatu

Dopo tutte queste feste, ho dovuto declinare un invito a pranzo. Roba da farne un caso!

sabato 24 dicembre 2011

venerdì 23 dicembre 2011

Café du dome, André Kértész, Parigi, 1928
 E quegli amori un po' così, tenuti al riparo sotto alla cenere per non lasciarli bruciare dai pettegolezzi della gente, pura polvere negli occhi, lontano dal borbottìo dei rami secchi, crepitìo di anime, altri che fanno scintille, chi scoppietta come fosse in guerra, chi si spegne anche quando è riattizzato ostinatamente, quelli che fanno fumo per umidità, altri che incantano la vista mentre si abbracciano in un ballo, quelli che hanno bisogno di una mano per rimanere accesi, carezze, e altri, pericolosi che ardono sotto vampate di passione, tutto, come dire: al fuoco!

Politici sotto sorveglianza


http://www.luzinterruptus.com/?p=880

Above and below. Un video sulla città di Manila

http://vimeo.com/33735037

Reuters: best photos of the year 2011

http://blogs.reuters.com/fullfocus/2011/11/21/best-photos-of-the-year-2011#a=1

giovedì 22 dicembre 2011

" La piccola morte"

Resistenti agli umori, attaccamenti infantili, ronzano sempre per quelli più sensibili, anche quando non si avvertono, e si avventano, noiosamente indisciplinati, col caldo che lega o ad una nuova ferita, bloccandoti le ali per non fargli male. Poi col freddo, "mano a mano" "perdono quota", alcuni in letargo, altri forse un decesso...ma è una grande famiglia. Il gelo rlesina le energie, per cui " zitti e mosca!"

mercoledì 21 dicembre 2011

Christmastime ♫ ♬ ♪
and the giving' is easy ♩ ♭ ♪

giovedì 15 dicembre 2011

Anch'io sono per il sesso sicuro. Quello infallibile.

S-offrire





Chiuso per ferie


A caval donato non si guarda in bocca

Per Natale fate regali di spessore ai vostri conoscenti : donate loro una bietta da inserire direttamente in bocca ed almeno per un giorno regnerà il silenzio :D.
Da gennaio tutti i pagamenti saranno tracciati...così potranno verificare subito quando mi sta per prendere un infarto ogni volta che metterò mano al portafogli

mercoledì 14 dicembre 2011

...on


Isa Leshko: Elderly animals

http://isaleshko.com/Portfolio.cfm?nK=13552

Allan I Teger : Bodyscapes!











Rafael Gomez Barros


http://www.restorationhardware.com/catalog/category/products.jsp?link=RichardsTrunks&categoryId=cat1653014

No?

C'è una tendenza dilagante nell'esporsi ad aggiungere alla fine di ogni frase una negazione interrogativa o forse esortativa o decorativa o quello che credevo pleonastica e comune. Ma no, lo fanno anche i giornalisti. E allora non so, bisogna fermarli per il loro bene, cosa devono fare? Negare quello che hanno appena asserito? Accattivarsi la simpatia per non essere confutati, confermandosi da soli? Inglobarci nei loro viaggi mentali? O è la paura dell'abbandono? Mi fanno venire qualche dubbio, sarebbe più confortante se anzichè un no, dicessero un non so. Ecco sì, positivo

martedì 13 dicembre 2011

Prenditi il tuo tempo e lasciami i miei spazi


Il trattamento di fine lavoro è privo di petting
Ho una guida troppo confidenziale. Le dò del tu-tu
Era talmente disorientato che trovava solo da dire
Mi sa che soffro di depressione post-parto. Ho chiamato il mio psichiatra per spiegargli quest'ansia nel posticipare la partenza per le vacanze e lui, tutto piccato, mi ha detto che devo smetterla di partorire stronzate
Ho provato ad essere flessibile ma non ho un carattere di ferro

Semiotica

Certi gesti sono dettati dal cuore.
Un peccato non conoscere il linguaggio dei segni

Sicurezza

Il ritorno di fiamma in amore non è mai incendiario
mi iscriverei ad un corso di sala baciata se non temessi di prendermi la mononucleosi

Analisi logica

Ci sono periodi significativi nella vita di un uomo.
A volte, però, la sintassi è sbagliata

I perchè della vita

Prove... ma mi sto già divertendo un mucchio con questo programma













venerdì 9 dicembre 2011

Inattività

Adesso mi dici che tra un pò è Natale
con quel tono come se non ci fosse più nulla da mangiare
un leggero candore
che rivela tutto il malumore
giri i capelli nervosamente tra le dita
come facevi con gli angoli del cuscino
su cui lasciavi i più fini
che si ribellavano al risveglio del mattino
Ci manca solo che festeggiamo in silenzio un nuovo amore
che ha ritrovato in te un cuoio di diverso clamore
tra un compleanno, un anniversario, il nuovo anno
ogni giorno, per regalo, una dolce epifania

mini man animalism

L'autobus era in ritardo, cronico, come i reumatismi che le bollavano le mani mentre dalla pensilina pazientava senza attesa una corsa di trasporto. Nella borsa rinvenuta dalla stagione precedente cercava il ticket di viaggio esentato dalla buona salute quando poc'anzi l'aveva riposto sgualcendolo per una presa di mano alquanto salata e con gli arti maldestramente aperti a ventaglio incuneava sinistramente il volto nel sacco senza percepirne aria. Una gamma di cose sterili filtrava dal sole che riacutivazza un dolore nella memoria asettica, la naftalina racchiudeva i sapori e liberava tarme di una cronaca infestata dal tempo. Uno scontrino datato riportava l'episodio senza precisa ricollocazione di una cena al ristorante, una delle tante dimostrazioni pratiche di digiuno flaubertiano sentimentale senza educazione. Privo di dialogo, ricorrenze, scambi, il bene più privato era l'affetto. Masticava a lungo ogni parola per non lasciar nessun boccone sospeso, alla stregua di una gomma che rimbalza tra i denti come un muro, lei macinava e gli altri non digerivano, assumendo un aspetto di sensibilità trattata in un'opera di imbarazzo di stomaco a chi di fegato ne era sprovvisto. Una congestione senza rimedio per un disturbo costante: il freddo. Cosa ci faceva lì in mezzo? Una corrente continua percepita solo per un black out totale, nero come lo sciopero dei mezzi, pubblici come i sentimenti che increspano la fronte nella parte alta piegata senza sdegno a terra, dopo che è atterrata ed è rimasta ferma. La serrata era finita, i movimenti riprendevano, un tram spuntava e lo spasimo consolidato le fecero stendere apertamente la mano per chiamare una fermata, come un saluto involontario per segnalare la propria posizione

marcondiro ndiro ndello

Certe sere non passano più, come il sapore amaro della pillola dopo aver spento la tv, più un rimpianto per la memoria, il più forte tra i disturbi che non annebbia nulla nemmeno le fantasie giovanili e che annota giornalmente una prescrizione che, in verità sa, non lo sarà giammai. Le stoviglie ammassate svuotate di sera nell'esofago dagli avanzi del giorno, un piatto sempre freddo, senza compagnia, un saluto ai santi, gli ultimi familiari composti, sotto perniciose bustine di plastica, eretti, da seduti in comode poltrone, contro vasi di ceramica, dote di un viaggio che ancora non si è consumato. Uno strappo al calendario, prima di arrestare la luce, contando con le dita e con apprensione quanto manca a ritirare la pensione. Su, per le scale, di marmo come i suoi riflessi, col corpo rivolto all'altezza come quando le scende, calore cardiaco di protezione, un ballatoio, di pensieri miasmatici, collega la stanza al resto dell'abitazione, un'alcova che non ripara dai pertugi della notte, tinti sulla pelle e mai estinti dalla mente, più feroci del giorno perchè al buio fanno perdere il sonno. Come una cane da caccia che corre sempre senza mai arrivare tra le glorie del padrone, le fatiche pesavano più supina che china, come una macchia d'inchiostro tra i lividi. La sveglia accanto, un diapason alle preoccupazioni, una bottiglia d'acqua per fiori che non appasiscono più, senza linfa e senza luce, ed un gatto stropicciato come una cortina di écru, spogliandosi dagli indumenti, si vestiva dalla veglia. E l'alba arrivava con lentezza tra gli scuri dei suoi occhi slavati, accolta da un mezzo sorriso su labbre impomiciate da un rossetto elicriso. 

mercoledì 7 dicembre 2011

Le coperte sono da "ricambiare" prima che arrivi il temporale

Faceva freddo quella notte ma era solo per il buio.
Svegliandosi di soprassalto credette di continuare, con la speranza di tacere, un sogno: erano entrati i ladri, una visita a domicilio. Rimase a sedere ascoltando l'ambiente, familiare a prescindere, e pensò che sia i sogni che gli incubi sono abitati da persone care come pure da sconosciuti ma con significato spesso invertito ai primi: desideri. Lo diceva anche un ritornello infantile che faceva capolino tra i suoi pensieri.
Dalla finestra non si vedeva nulla, una spessa nebbia, fitta gratuitamente, ricalcava le sfumature dell'esterno e per adattamento una coltre riscaldata dimorava tra i timori, imbottita di confusione.
L'insicurezza traspirava dal posto vuoto accanto e cercando gli odori conosciuti addomesticava e (e)marginava le perplessità, un cuscino d'appoggio ai ricordi, altre spalle, che si stringono.
Un rumore noto, una chiave d'ingresso fecero riprendere fiato.
"Chiudi bene, ho immaginato che ci fossero i ladri, solo un presentimento".
I nervi si distesero per conforto e accecata dalla realtà continuò a sognare ad occhi aperti
http://www.dreamsofyourlife.com/#

venerdì 2 dicembre 2011

Homme-chien

Le son est dans sa voix
La race est humaine par distinction
Le fruit du lien comme possession.
Ce sont les jeux dont il ne se rappelle plus

"La loi c'est moi"
Liberté, égalité, fraternité

Alberto Moravia e Arancio. Priscilla Rattazzi

Gianni Agnelli e Dyed eyes. Priscilla Rattazzi

Isaac Mizrahi e Harry. Priscilla Rattazzi.

Diandra Douglas e Winddrifter. Priscilla Rattazzi

Diane Von Furstenberg e Daisy. Priscilla Rattazzi



Le bon est un autre choix
La grâce humaine est extinction
le bruit d'un chien comme obsession
Ce sont les yeux qui l'appelle toujours

Le roi c'et moi
Enchâiné, diversité, inimité


Charlotte Dumas

Charlotte Dumas

Charlotte Dumas

Charlotte Dumas

giovedì 1 dicembre 2011

Uomo - cane


Negli occhi l'errore dei suoi gesti
fatti di orgoglio mortale, segni di dita
fio per distruzione, dolore come deduzione.
L'effetto è un dato di compassione,
arma in difesa: la carne


Il bene stesso uccide


Elliott Erwitt


Elliott Erwitt







Negli occhi l'orrore dei suoi resti
atti di cordoglio morale, degni di vita
fido per distrazione, calore come dedizione.
Affetto, dato di passione,
ama indifeso: il cane

Il bene spesso uccide



John Gay

John Gay, 1960

Traer Scott


martedì 29 novembre 2011

Risentiamoci


Arrivare oltre i 30 anni e “scoprirsi” sordi: una di quelle cose che può cambiarti la vita. Ne ho impiegata una per capirlo, a chiedermi cosa non andasse, perchè non rispondevo a domande “previste”, quelle da toglierti i sensi: era solo un processo acquisito, senza interessi.
Non ci sento, è questione di gusto. Intuito per merito di mia sorella, perchè dopo mesi ho ricominciato a pensare ad una scena in ufficio mentre da una scrivania a tutti i presenti dico, senza contestualizzarlo qui, e con un astio che non mostro siamo tutti figli unici, dandone una lettura, a mente, di assenza di fratelli che non viene sfogliata ma sfaldata dalla sua magnanimità replicando all'istante con un sorriso sereno Perchè per ogni genitore siamo esclusivi, vero?. Scrollo il capo per asserire sperando che mi cada la testa, e rivolgendola al monito(r) -cristalli, liquidi- che non mi permette di capire cosa fare in pratica. Lasciar precipitare così i discorsi nel vuoto di quello che io avevo dentro, orfani di felicità , a me che è stato dato molto di più di quello che lei sola pensò. E oggi ti rincrocio, in mezzo al traffico, rifletto che nella velocità ci notiamo a vicenda per la stessa auto, ironia della sorte, teutonica disciplina.

La retorica mi ha sempre messo alle corde, come un professore che domanda, bloccandoti: “perchè quel suono è calante?” Parole che stonano in volgarità. Per risposta dovevo orchestrare gli impulsi. E allora, ancora, ricomincio, da più indietro, mica ci arrivo così in alto, se mi fermi sotto la sbarra prima del salto. Prendo la rincorsa, guardatemi sto per esibirmi ma potrei deludervi e già, l'entusiasmo riecheggia nelle interrogazioni sospese in aria, i tuoi occhi fissandomi con sfida fanno rumore ed è una parabola a metà tra la terra ed il cielo. Ed un arco che si incrina sotto alle vibrazioni, asta con incanto.

Anche lui me ne ha sempre fatte troppe. Di cosa non lo so neppure ora. E col tempo continua a lavarmi il viso senza saperlo, un detergente acido che corrode i particolari,un ovale da oggettivare.
Nelle domande c'era la risposta, a vuoto: bisogna rifarsi una vita. Sì, come un lifting, un innesto di tra-pianto cutaneo, doloroso, costoso, fast-oso. Col tempo ho iniziato a pensare, per non aver altro da fare, che le persone credono nei rapporti di prima qualità a letto e temono quelli con la e davanti al di fuori di esso. Col tempo ho pensato che non avrei mai immaginato di dire così spesso grazie.
Sotto pentite spoglie, la postura impettita, inamidata, risparmiava i muscoli stirati, una cicatrice a scalare i punti di una serpentina che si infiamma a succedersi nel tempo, amori che sfavillano e riempiono di porpora gli occhi di chi non guarda più, glitter indecorosi.

Adesso mi fanno osservare che non parlo e poi all'improvviso vomito. Mi tolgono le parole dalla bocca, la verità, con “disinvoltura”.

L'amore è nell'avere:
tempo
interesse
animali
libertà
coscienza
(...)
definizioni.

Come quei rapporti che iniziano e finiscono così: “ Piacere!” “ Piacere mio”. Coito interrotto.

Ok...”Risentiamoci”.



mercoledì 23 novembre 2011

"L'inclinazione" attuale a chiedere mutui per ottenere liquidi, è un altro modo di avere l'acqua alla gola
Davanti ad un'offerta di lavoro oggi non si fa "per viltade il gran rifiuto" ma una raccolta indifferenziata

Inversione


martedì 22 novembre 2011

The burning house

http://theburninghouse.com/

Foto grafia

http://dearphotograph.com/

Fotografia....

http://www.frank-kunert.de/

Sono le piccole cose che fanno la diffidenza

Ieri sera "Unplugged" all'Alighieri si poteva evitare, o almeno dirlo prima per il freddo della lunga fila senza sapere se ci fossero stati i biglietti: quel meccanismo che, nello stringerli in mano, fa già partire entusiasti i più per qualsiasi cosa vedranno. Lo pensavo anch'io mentre mi riscaldavo in uno dei ristoranti che più adoro nell'attesa dell'evento. Se non fosse stato per Mario Lavezzi, Teo Teocoli sarebbe stato quasi sopprimibile ma la maggior parte applaude solo i grandi nomi: inabissato, perso, pieno di sè, alla deriva. Una noia ripetuta per due ore nello stesso teatro che neanche due settimane ha dato vita ad uno dei concerti più emozionanti e straripanti: Vinicio Capossela, in gran forma, senza sosta per tre ore, ora che si è rimesso dal peccato, coi suoi travestimenti ed i suoi racconti onirici, le battute fini, cerebrali: da orgasmo e così vicino.
Poi la settimana scorsa un concerto-racconto di tango argentino. Stasera lui, ben altra cosa  http://www.accademiaperduta.it/teatri/scheda.asp?IDTeatro=21&IDStagione=107&IDSpettacolo=1220 e poi appena finito di corsa ad un altro concerto.
Nel frattempo, ho preso coscienza che non ci sarà nessuno al mondo così contento come me di festeggiare capodanno quest'anno: finalmente non lavoro. E per starne certi, abbiamo prenotato sia a Roma, luogo dove da 15 anni vorrei trascorrere un fine anno ma che non ci andrò, sia un volo che già sto facendo. Olè.
I miei cani stanno bene, sono meravigliosi. Io sto come nessuno mai.
Magari la prossima settimana rivedo anche i miei amici dell'Università e mi emozionerò.
Ci sono anime in pena, vegetariani e vegani ( con una sensibilità accentuata) che fanno pena agli altri. Dicono che il veganesimo/vegetarismo sia come una filosofia di vita, una religione, una consacrazione. Forse è vero: gli onnivori possono stare senza uno dei loro credo principali: la carne. Gli altri senza i vegetali sono un pò condannati.
Così ho pensato che adesso che sto ricominciando a vivere, dopo tanto tempo, probabilmente sto per morire.

Ovviamente poi cancello, sto facendo prove di scrittura per capire come funzionano certe cose in queste blog e se sono attivate o meno




giovedì 17 novembre 2011

ABiCi


Coi tacchi alti, a spillo, a bucare il cemento, ondeggiante involontariamente come un'altalena che è perpetuamente controvento, piombata lì per caso, incompleta nononstante l'all in nascosto, fuori luogo come una minigonna in bicicletta che va sempre su e giù, cambi di programma, rapporti sbagliati, troppi passi implicati, condotta a mano nei luoghi vietati. Coi piedi a martello a battere il pedale di un pianoforte in salita senza agganciarsi per non sfilare le calze, a maglia stretta come una morsa a vite su un banco di prova, a stallo, asimettrico delle semiali attorno all'asse verticale di un corpo sciupato per tenacia. Relazioni di amicizie facsimili come oggetti dozzinali, manufatti similpelle, a larghe vedute, quanto l'asfalto lucido riflettente in una giornata di sole, sfavillante per le parole ruzzolate senza freno, a scatto fisso per ogni chiamata effettuata. Ogni decisione presa così su 2 piedi, un cavalletto di flagellazione alle volgarità ed uno chignon racchiuso in un nodo, slegato da ogni legame, sull'isolamento di un rivale, sponda artificiale.

2HO


<...tra poco pioverà>
< A me del tempo non me ne frega niente. Se piove esco ad occhi stretti per l'acqua, se c'è il sole tengo gli occhi contratti per la luce>.
Stessa angolazione, medesimo punto di vista, sottile quanto una fessura d'aspetto a feritoia. Uno scambio di idee avvenuto da anni con fabulazione intervallato da caffè, una pausa di parole risucchiate per passatempo a lenta tostatura, arabica, di scrittura inversa, fino a sinistra della deriva del cuore, seme di carte false. Parole convinte, già arrese, a cascata come una pietra, a carico, pendente, a coprire una macchia della pelle, per tra mutare un'ombra in un In-estetismo, un'alterazione linguistica di gusto, cromatica d'armonia e di gradazione a tinte forti. A differenza dei cani, gli umani possono percepire il mondo da un globo oculare per mezzo di un arcobaleno al fine di riparare all'assenza di colore della voce, giudizio eloquente di comprensioni in bianco o nero. Bestie regalate relegandole al silenzio, una pace che non lega, autistica, di parola come termine. Come dirsi "ti amo" da soli, mentendosi, realmente, un poco di Più, in confronto ad  una voce che sfigura una croce


Les flammes d'argent de la femme sans argent


A passi brevi, stretti, come in un giro di valzer per chi non sa ballare, per chi si fa prendere in giro non dalla musica, ma dai movimenti, da una goffaggine troppo sviluppata che offusca il ritmo, taglia il tempo, le pause, i silenzi, e il corpo si muove sempre in tondo come in un circolo vizioso da cui non può uscire, come il riflesso della sua stessa persona. Era tutta tonda, io me la immaginavo così: nelle parole smussate per non dar fastidio, nelle spalle che non trattenevano l'acqua sotto ad un violento temporale, nella forma degli occhi a cipolla che senza verve ti facevano piangere a guardarli, nelle dita delle mani affusolate dall'inerzia, nella risata che probabilmente continuava incurante a circolare in bocca, rimbalzando, anche quando non si udiva più per farsi un pò compagnia tra quei monosillabi che pareva deglutisse senza emettere, nei vestiti confusi e nella scelta conforme dei colori, nei particolari che ometteva per mancanza di gusto che dettagliavano anonimamente quell'anima in pena, persa nell'ombra di chi le faceva da spalla nella danza, così alto che mentre si spostavano, forse grazie alla massa di ballerini, con la bocca avrebbe potuto mangiargli la testa. Due figure a banderuola che si divorano le figure delle mosse per quei piedi che non si erano presentati e che non si staccavano mai da terra forse per non perdere il baricentro. Due figure generose che nell'accorparsi ne generavano altre infinite.
Nella noia di una serata circolare, quelli più piatti erano coloro che li stavano a guardare...

A' tu par tu


Ogniqualvolta si drizzava in piedi, si lisciava la gonna, come un felino che, in silenzio, diligentemente si pettina il manto, rito narcisista compiuto imbrogliando il tempo e riparando alla mancanza di una corretta, subitanea postura. Le mani, nello stendersi sopra al tessuto con fare nervoso ed alquanto puntiglioso per ovviare all'insufficienza di atteggiamenti, mostravano l'importanza di un atto che non passava inosservato, una dovizia nei movimenti a sistemare ciò che sembrava non ne avesse bisogno, in un indumento che, più per il taglio che per la foggia, apparteneva ad almeno un decennio precedente, reperto stagionalmente archiviato e conservato con ogni minuzia e custode di un fervore giovanile. Di qui si avvertiva lo zelo e l'attenzione per i dettagli, metro che era utile non solo a misurarne l'eccesso. Sotto alla gonna di tweed, un paio di collant color carne, lasciavano intravedere nervature che nel legno erano più naturali. I capelli spartani le finivano arrendevolmente in bocca ad ogni parola, fini, chiari, quasi sbiaditi come il rimpianto di un'altra crescita che le solcava anche la riga. Erano fili d'angelo che cuocevano nel brodo tiepido dei ricordi.
Oltre alla vetrata, da un'auto che aveva appena parcheggiato scese il suo Principe di Galles, uno straniero, appunto, col gusto già posteggiato altrove. Tutto un quadretto, in bianco e nero. Appenderlo al muro sarebbe stato più appropriato.
Quell'alchimia vicendevole fra i tessuti sembrava studiata a tavolino, come pure la loro mobilità. Ogni risposta di lui iniziava con un : "assolutamente sì o assolutamente no" lasciando presagire che l'unica cosa che non era assoluta fosse la gamma di aggettivi in dotazione.
Per lei rubò un ombrello quella sera che non pioveva...Nel caso che il tempo mutasse, non avrebbe annacquato la grazia dei suoi modali, antichi pensieri

Sì, lento


Finchè ebbe qualcosa da dire, soffrì di balbuzie o forse di apolecia o disprassia, ad ogni modo il sintomo di altro.
Quei rallentamenti nel parlare -un freno all'invecchiare- quell'incespicare in consonanti dure -gli stenti di una vita- quel mangiarsi qua e là qualche sillaba -una dieta culturale-. Partiva convinto, tutto d'un pezzo, senza euritmia, col fiato corto come i suoni che posticipava creando tenerezza ed aspettativa non per il valore del concetto, ma per quello attribuito al ronzio di quel mormorio. Le consonanti mi danno noia, diceva, e probabilmente anche le consonanze che non produceva. Aveva una capacità innata di protrarre le vocali fino a farle vibrare, movimento che accompagnava con il chiudere reiteratamente le poche ciglia, forse per immaginarsi come sarebbe stato. Sembrava che per solitudine tenesse quei fonemi prolungati per farsi un pò compagnia. Le grossi mani, incongrue alla struttura sparuta della persona, le portava sovente alla bocca per asciugarsi la saliva in eccesso che gli angoli pendenti delle labbra, creatori più di accenti che di sorrisi, facevano scivolare fino al solco di un'espressione paralizzata. Nelle pause involontarie degli indugi, si intratteneva da solo, sistemandosi i capelli con fare regolare, ripartendo sempre dalla fronte scendendo a valle, riparata da una gobba naturalmente ingrata. Quel pettine di osso, riposto con cura nella tasca della giacca accanto ad un fazzoletto variegato che dava il colore che a lui mancava, ma mai usato, era uno strumento di attenzioni e di auto corteggiamento, il petting che da contraccettivo evitava e riempiva l'inadempienza di un rapporto verbale. Il corpo non seguiva la mente che produceva ripetutamente pensieri impossibili da svelare per un deficit che era di precauzione allo sparlare. Tutto mirato, ponderato, conciso, doveva subito farsi capire. E ripeteva: <ognuno di noi viene ricordato per un segno, che abbiamo o ci hanno dato, una parola chiave che non ci apre più un'altra dimensione. Puoi immaginare qual'è la mia?> Mi venne da tartagliare, per apprendimento, nel dirlo e nel disconoscere quello che lui reputava un difetto: < il silenzio, fulcro di mercè rara che pochi riescono ad ottenere da coloro che si apprestano ad ascoltare>.


Ho letto dei libri, una volta.
Difficile che li rilegga poi.